Siccome nessuno considera Donald Trump un’asceta, questa frase applicata a lui può solo essere interpretata nel senso profano di “desiderio di annientarsi, di distruggersi”.
Il pericolo sembra essere stato evitato, qualcuno deve averlo fatto ragionare, e l’idea di “costituire una riserva strategica americana in Bitcoin” di cui The Donald aveva parlato alla conferenza sulle criptovalute di Nashville l’estate scorsa non è presente nell’ordine esecutivo dedicato alla materia del 24 gennaio 2025. Vi è solo il divieto di creare delle CBDCs – Central Bank Digital Currencies, ossia delle valute digitali ufficiali della Banca Centrale e, da uomini liberi, non possiamo che accogliere questa risoluzione con un bel sospiro di sollievo.
Le cripto
Il 90% della valuta circolante nelle economie moderne è già digitale. L’attuale sistema monetario, per quanto lungi dall’essere perfetto, è molto meglio di qualsiasi alternativa: sia essa quella del ritorno ad una valuta supportata dall’oro, sia essa – e questa ipotesi si colloca vicino al segno “catastrofe totale” nella scala delle possibilità – una o più valute digitali comprate e vendute su piattaforme private soggette a scarso controllo e detenute prevalentemente da gente che avrebbe voluto comprarle cinque anni fa per poi rivenderle al greater fool.
Quasi tutto quello che c’è da sapere sul mondo delle cripto lo trovate in un fantastico romanzo scritto dall’Avvocato d’affari Pietro Caliceti nell’ormai lontano 2017: Bitglobal. Se non l’avete fatto, leggetelo.
Noi proviamo a rispondere alla domanda: perché sarebbe stato un clamoroso SNAFU questa ventilata creazione della “Riserva Strategica Bitcoin”? (già immagino la nuova “Three Letter Agency” che se ne sarebbe dovuta fare carico… brrr!).

Cos’è la moneta
Domanda difficile. Da studenti somari, rispondiamo elencando le caratteristiche che deve avere una “buona moneta”. Esse sono:
- Fornire la misura del valore venale delle cose
- Funzionare come intermediario degli scambi
- Funzionare come riserva di valore
Diciamo che per approssimazione, il denaro può essere definito come “un’opzione (call) su una quota di prodotto nazionale”. Un diritto ad un prelievo di beni e servizi del Paese che l’ha emesso.
I soldi che abbiamo in tasca, in banca, o sul wallet dell’iPhone, sono “buona moneta”?
Decisamente si. Anche se tutto è perfettibile.
Infatti:
- Forniscono la misura del valore delle cose in maniera più o meno stabile (un tasso di inflazione del 5% rientra nel concetto di “più o meno” e non necessariamente è causato dalla moneta)
- Funzionano ottimamente come intermediario degli scambi. Qui, voto: 10.
- Funzionicchiano come riserva di valore. Ne parlammo qui.
La miglior valuta del mondo
Milioni di persone che, sulla base dei propri interessi vitali, prendono quotidianamente decisioni, esprimono qualcosa che mi affascina, perché questo qualcosa è forse la migliore approssimazione che abbiamo della verità, se escludiamo le c.d. hard sciences e la fede.
Ebbene: sulla base dei dati del FMI sulla denominazione delle riserve valutarie globali, il dollaro è inequivocabilmente la miglior valuta al mondo. Al secondo posto, l’euro.
La valuta cinese è solo marginalmente rappresentata in questo ambito. D’altronde la Cina è una specie di tecno-dittatura governata da un presidente che si è di recente (2022) esentato dal ritiro, di fatto presentandosi come autocrate. Ed il sistema finanziario cinese è ben lontano dal presentare le caratteristiche di trasparenza e rispetto della legge che potrebbero rendere il Paese davvero competitivo dal punto di vista valutario, dato che, ciliegina sulla torta, la Cina ancora ha in vigore controlli sulle transazioni finanziarie.

La teoria della de-dollarizzazione
In questo quadro, probabilmente supportata da propaganda di ovvia provenienza, si è fatta di recente strada una teoria che vedrebbe il dollaro come ormai “segnato”, messo da parte dall’eccessivo ricorso della Fed alla monetizzazione del debito, ai deficit monstre di bilancio del Tesoro americano, e dal fatto che gli investitori avrebbero “mangiato la foglia” e capito che il dollaro è ormai carta straccia.
Personalmente, ho provato a seguire questa affascinante teoria, che si basa sull’equazione quantitativa della moneta, anche attraverso la lettura di alcuni libri dedicati alla materia da uno dei suoi alfieri, Jim Rickards, un ex investment banker convertito a teorico dell’oro come panacea.
Mentre il deficit USA è un problema serio, che innesta nel dollaro un potenziale di svalutazione di cui tutti devono tenere conto, la mia teoria è che non ce ne libereremo tanto presto semplicemente perché non vi sono migliori alternative. E nemmeno l’oro lo è. Ho provato a scambiare un paio di battute al riguardo proprio con Rickards (che mi aveva follouato) ma poi si è offeso.

Bella, non è
La situazione di bilancio federale USA.
Il problema più grave dell’economia americana non è la mancanza di Bitcoin nelle riserve federali, ma l’enorme debito pubblico e il deficit strutturale che cresce anno dopo anno. Oggi il debito federale supera i 35 trilioni di dollari, con un deficit annuo del 5,6% del PIL. Il governo raccoglie 4,8 trilioni di dollari in tasse ma ne spende 6,3. Queste cifre non sono sostenibili nel lungo periodo, eppure nessuno dei principali candidati alla presidenza propone soluzioni concrete per riequilibrarle. Troppo impegnati a comprare voti con promesse irrealizzabili, entrambi i partiti evitano di affrontare il problema principale: la necessità di riforme fiscali e di spesa. Altro che piantare la bandierina su Marte.
In questo quadro – contabilmente drammatico, che regge in piedi il dollaro davvero perché non ci sono alternative pratiche– un Presidente che se ne esce con la “Riserva Strategica in Bitcoin” sembra stia dicendo, lui stesso, “passate alle cripto, tanto ormai il dollaro è cartastraccia”.
“Grande è la confusione sotto il cielo” – affermava Mao, negli anni Sessanta del secolo scorso. “Quindi la situazione è eccellente”, aggiungeva poi, a mo’ di chiosa, segnalando condizioni favorevoli per la sua rivoluzione.
Osservando la distribuzione del PIL globale a “PPP” (parità di potere d’acquisto) si capisce che si, va tutto bene, ma c’è poco da scherzare, Presidente!
